Religione

Albert Einstein (1879-1955)

Progetto: Confini

Albert Einstein (Ulma 14 marzo 1879 – Princeton 18 aprile 1955) affrontò a più riprese il tema dei confini tra la ricerca scientifica e le questioni morali e talvolta anche propriamente religiose; nel saggio Religione e scienza (contenuto nella raccolta Come io vedo il mondo, Mein Weltbild, pubblicato per la prima volta nel 1934) Einstein offre un’interpretazione positivista della religione come frutto della paura e dell’incomprensione degli uomini per l’enormità del cosmo che li comprende; lo scienziato al tempo stesso però mostra di apprezzare il ruolo morale e sociale della religione che nel corso del tempo avrebbe, anche grazie al contributo della scienza, emancipato progressivamente gli uomini dalla superstizione. “L'impressione del misterioso, sia pure mista a timore, ha suscitato, tra l'altro, la religione. Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione; in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi” (p. 40). In questa frase e altrove, nel saggio citato, Einstein esprime l’idea di una religione “cosmica” che affratellerebbe tutti gli uomini che si accostano alla natura con spirito contemplativo e che è un tutt’uno con l’impulso alla ricerca scientifica: “Non è senza ragione che un autore contemporaneo ha detto che nella nostra epoca, votata in generale al materialismo, gli scienziati sono i soli uomini profondamente religiosi”. 

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