Storia

Gli erbari medievali

il De virtutibus herbarum di Bergamo

Progetto: La lettura aumentata

L'erbario è "un libro, in uso dall'Antichità classica fino agli ultimi decenni del sec. 15°, che raccoglie descrizioni delle piante e delle loro virtù farmacologiche, spesso accompagnate dai nomi con cui ciascuna essenza vegetale era conosciuta nelle varie lingue e da notizie sul loro habitat [...] il testo fu ben presto integrato anche con le raffigurazioni [...e] soprattutto a partire dal sec. 11° alle immagini delle piante vennero spesso associate anche figure umane, con la finalità di esplicitarne più chiaramente le virtù officinali o per esemplificare particolari metodi di raccolta […]" (da Enciclopedia dell'arte medievale Treccani; cfr. anche https://mostre.cab.unipd.it/illustrazione-botanica/it/6/breve-storia-degli-erbari-figurati#:~:text=L'erbario%20pu%C3%B2%20essere%20definito,agli%20ultimi%20decenni%20del%20sec.).

Il più famoso testo di botanica medica è quello di Dioscoride, medico greco morto nel 54 d.C.; molto probabilmente originariamente il testo non prevedeva un apparato illustrativo ma presto nei manoscritti vennero aggiunte delle immagini che illustrassero le piante e le loro virtù farmacologiche. Queste immagini però andarono incontro ad una codificazione che finì per renderle nei secoli assolutamente non realistiche. Nel Medioevo si trasmetteva dunque un sapere medico-botanico cristallizzato alle conoscenze antiche in un misto di credenza e magia che non veniva messo in discussione.

L'arrivo delle conoscenze trasmesse dalla medicina araba, soprattutto per tramite dell'università di Salerno, favorì nel Trecento un ripensamento dell'illustrazione, in una direzione più realistica, e dei contenuti dei trattati di medicina e botanica.

L’Erbario MA 592 della Biblioteca Angelo Mai di Bergamo

“Il codice testimonia l’alta considerazione in cui nel Quattrocento si teneva l’erboristeria, coltivata con interesse scientifico, ed è emanazione della cultura medico-famacologica padovana sviluppatasi nell’Università. La prima parte dell’Erbario, contenente il volgarizzamento del De viribus herbarum di Macer Floridus e un estratto de El libro agregà de Serapion, tratta dei rimedi semplici, 74 piante la cui illustrazione, a penna e acquarello, è inserita in piccole scene che sembrano rifarsi alla tradizione dei Tacuina sanitatis, libri miniati lombardi del XIV secolo con suggerimenti per la salute mediante l’uso di erbe, l’alimentazione corretta, il corretto comportamento. Forse in questa parte l’illustratore aveva davanti immagini più antiche alle quali rifarsi … come testimoniano gli elementi della moda esibita, che non corrisponde a quella in voga nell’anno di esecuzione.

La seconda parte del codice riporta grandi disegni di 152 piante, raffigurate con maggiore o minore realismo a seconda della possibilità di una conoscenza diretta da parte del pittore. Si spiega così che le piante montane, come ad esempio la genestrela piçola (primula, f. 47r), il ciclamen (ciclamino, f. 48r), la pulmonaria (polmonaria, f. 48v), la trinitas (erba trinità, f. 108r) e l’eleborus niger (elleboro nero, f. 108v), siano rappresentate con buona aderenza al dato naturale, e talora persino nel loro habitat sullo sfondo di rocce dolomitiche. Altre sono invece riprodotte secondo modelli botanici detti schemata, non naturalistici, in cui le piante sembrano già pressate e pronte per la conservazione in erbario e per lo studio teorico delle loro parti.

L’importanza per la storia della botanica e per la storia dell’arte dell’erbario conservato a Bergamo … consiste proprio in questo fatto: nel segnare il lento distaccarsi, nella raffigurazione delle piante, dallo schematismo simbolico e astratto medievale, rinnovando l’attenzione per il dato naturale già presente nella cultura tardogotica … con una più appropriata concezione dello spazio e delle forme, desiderata dall’incipiente gusto rinascimentale. La riflessione maturata in ambito universitario sulle virtù terapeutiche della flora e sull’importanza di sapere riconoscere e descrivere con precisione le piante officinali ebbe modo di esprimersi anche nella volontà di documentarne il vero aspetto attraverso l’immagine dipinta in modo obiettivo ed esatto, possibilmente dal vero.

In linea con l’impostazione dell’Università di Padova, il testo cita spesso autori arabi: il medico Abu Maser al Muchtar ibn Botlan, di Malaga (XI sec.), convertitosi al Cristianesimo e quindi molto celebre in Occidente; il geografo al-Idris e infine il più grande medico arabo, Abdallah ibn Ahmad (XIII sec.), cui si deve l’inventario generale e ufficiale della materia medica (farmacologia, erbe, rimedi semplici)” [testo da: https://www.bibliotecamai.org/iorestoacasa-erbario-guarnerino/].

PianteBotanicaMedioevoManoscrittiMiniature

Documenti attualmente selezionati per il progetto

BDL

TESTI

De virtutibus herbarum

Biblioteca civica Angelo Mai - Bergamo